sabato 5 novembre 2011

ALLUVIONE LIGURIA : FATALITA' O (IR)RESPONSABILITA'?

Il giorno dopo il nubifragio ,nel quale sono morte sei persone tra le quali due bambine, Genova si è risvegliata sotto un cielo grigio. Deserte le strade, dove circolano soltanto mezzi di soccorso e delle forze dell'ordine, taxi e autobus. Nel quartiere Marassi il più colpito dal torrente Fereggiano, hanno lavorato per tutta la notte i vigili del fuoco. Contestato il sindaco con lanci di uova e urla dei cittadini. La pioggia si è spostata sullo Spezzino e sulle zone colpite dall'alluvione di una settimana fa. Ed è il basso Alessandrino, al confine con la Liguria, la parte del Piemonte finora più colpita dal maltempo.





sindaco Genova Marta Vincenzi
 Professor Renzo Russo


Il sindaco di Genova da la "colpa" al cambiamento climatico

La Stampa intervista Marta Vincenzi sulla drammatica alluvione che ha colpito Genova.
“Sindaco, è una tragedia che si poteva evitare? I morti di Cinque Terre e Lunigiana, gli allarmi di questi giorni, le previsioni dei meteorologi non sono bastate a scongiurare una nuova terribile sciagura?”.
«Siamo in lutto, piangiamo i nostri morti. La città intera piange i suoi morti. Abbiamo passato tutto il pomeriggio a interrogarci, gonfi d’angoscia, per capire se tutto questo si poteva evitare. E la risposta purtroppo è no».

Come, dopo il disastro di una settimana fa a Levante non era possibile prevedere ed evitare altri disastri, altri lutti?
«No, non quando il livello di un torrente dove a mezzogiorno scorre meno di un metro d’acqua, in 17 minuti si alza di tre metri e sfonda gli argini dilagando sulla strada come una furia. No, quando in un punto circoscritto della città cadono in un’ora 100 millimetri di pioggia, 356 millimetri nell’arco di poche ore».

Sono emergenze che si dovrebbero poter fronteggiare. Perché a Genova non è stato fatto?
«Perché siamo davanti a una modificazione del clima che non si era mai vista in precedenza, né nel ‘70, nel ‘90 o nel ‘92, paragonabile a uno tsunami. Precipitazioni di tipo monsonico sconosciute nelle nostre zone, che ci devono far ripensare a tutto quello che sappiamo anche a livello di prevenzione. Comincio a credere che gli stessi piani di bacino siano da rivedere: dovremo ripensare a tutto, a cosa fare in caso di allerta, a come valutare le portate dei fiumi e le conseguenze di precipitazioni di una violenza impensabile fino a pochi anni fa: bombe d’acqua che si sviluppano senza preavviso, nel giro di poche decine di minuti, anche su un territorio non particolarmente esteso. Come è successo oggi nel Rio Fereggiano».

Ma non si poteva evitare almeno che le persone fossero lì quando il torrente è esondato? Evitare sei morti? E le scuole? Decidere di non chiuderle non è stato un azzardo?
«Le scuole aperte, intanto: se avessimo avuto quarantamila ragazzi e bambini a spasso per la città, con i genitori in auto a portarli da nonni e parenti perché a casa da soli non potevano stare, sarebbe stato meglio? Quando c’è un allarme, gli edifici pubblici devono essere aperti e funzionare da presidio. Quanto agli allarmi, da tempo avevamo contattato, tramite le loro associazioni, tutti gli amministratori di condomini delle molte zone esondabili di Genova, lungo il Bisagno, il Fereggiano, altri rii minori. A tutti abbiamo notificato le procedure di emergenza in caso di allerta due. Poi, negli ultimi due giorni, abbiamo ricontattato tutti via mail. Gli avvisi, insomma, ci sono stati ed erano capillari. Ma quello che è successo ieri non era prevedibile. D’ora in poi dovremo cambiare la nostra valutazione degli allerta. Evacuando ogni volta strade e primi piani dei palazzi, deviando il traffico. Ripeto, ieri a mezzogiorno in quel torrente c’era un metro d’acqua scarso».

Il Fereggiano però è da sempre un corso d’acqua a rischio, si poteva intervenire di più a livello idrogeologico per evitare che straripasse? Insomma, servivano più soldi, i tagli ai bilanci degli enti locali hanno anche questo sulla coscienza?
«No, anche se sarebbe comodo dare la colpa a qualcun altro. Non abbiamo ancora potuto realizzare lo scolmatore del Bisagno (una galleria di 6 chilometri fino al mare per intercettare le acque in caso di piena, ndr), questo è vero, perché costa 300 milioni di euro e questa somma oggi non ce l’ha nessuno nonostante nel 2001 l’allora ministro Nesi definì il bacino del Bisagno la terza emergenza idrogeologica d’Italia. Però in questi anni, in questi mesi, di soldi ne sono stati spesi tanti e gli interventi realizzati anche con i soldi della Protezione civile sono stati molti. Solo per il Fereggiano abbiamo inaugurato a giugno la messa in sicurezza di un primo tratto del torrente che ha comportato, per dire, la demolizione di quattro edifici che sorgevano sugli argini. Interventi che hanno evitato di aggiungere tragedia a tragedia».

E la pulizia dei corsi d’acqua? Ci sono polemiche ricorrenti, segnalazioni di cittadini che ancora di recente hanno visto vegetazione fitta nei torrenti…
«La verifica è stata fatta ancora in questi giorni e aveva dato esiti rassicuranti. Non è la vegetazione delle sponde, che anzi rallenta la corsa delle acque, a provocare disastri come quello di oggi. Non accetto questa critica, è stato fatto tutto quello che si poteva e doveva fare. Ma è e resta una tragedia infinita».


RENZO RUSSO ,DOCENTE DI IDROLOGIA AL POLITECNICO DI MILANO

«Bisagno a rischio da sempre. Lo scolmatore previsto non è stato fatto»
«Servivano 150 milioni di euro per mettere in sicurezza l'intero bacino ed evitare
nuove vittime.


 - «Il Bisagno è un fiume a rischio da sempre. Ha una lunga storia di esondazioni, eppure oggi siamo qui a piangere ancora dei morti a Genova». È costernato Renzo Rosso, docente di idrologia al Politecnico di Milano, a sentire le notizie del disastro nel capoluogo ligure. «Sono a Firenze per un convegno sull'alluvione del 1966, avvenuta proprio il 4 novembre, e non avrei mai pensato di rivivere la stessa situazione del 1970, la peggiore alluvione a Genova».

Il vero guaio consiste nel fatto che il piano di bacino del Bisagno, che prevedeva la realizzazione di un canale scolmatore per portare l'acqua direttamente in mare, non è mai stato realizzato», spiega Rosso. «Insieme ad altri avevo proposto una soluzione già due-tre anni dopo l'alluvione del 1970, e poi ancora nel 2000 ma sono state fatte soltanto opere parziali, che non hanno messo in sicurezza il bacino», accusa il professore. Quanti soldi erano necessari? «Circa 150 milioni di euro, e avremmo evitato il nuovo disastro, che segue quello avvenuto appena un anno fa».

- «La verità è che l'intera superficie del bacino del Bisagno è fortemente antropizzata. Controllando le mappe napoleoniche di 200 anni fa, si nota che la superficie costruita del bacino era pari al 2% dell'area totale», spiega Rosso. E oggi? «Ora siamo al 16%. Il consumo di suolo è altissimo, ma è difficile impedirlo specie in momenti come questi di difficoltà economiche», ammette l'esperto. «Il problema di questo fiume - di cui il Fereggiano è l'affluente più pericoloso - non si trova a monte, ma a valle, con le costruzione di tutta la parte ai piedi delle zone più elevate».

 proteste legittime

La politica in Italia, purtroppo, è gestita in buona parte da persone incapaci e da persone che fanno politica per procacciare affari a sè, ad amici e parenti. Gli uffici tecnici, per la maggior parte, sono composti da professionisti che si sono barricati alla politica   per una sistemazione a vita e che non hanno  esperienze e capacità professionali per poter gestire eventi come quelli di Genova od altri. Si parla ogni volta al verificarsi degli eventi e poi tutto finisce: è una vera vergogna.
E' ovvio che esistono delle gravi responsabilità di Chi amministra il territorio e sarebbe ora, un volta per tutte, che ognuno di questi fannulloni politici pagasse con il proprio portafogli ed  è ora di finirla di parlare di perdono: chi ha colpe deve pagare

 Penso che l'Italia ,come l'italiano, debba cambiare il proprio modo di essere. Siamo un popolo che se ne frega delle regole,ma ci arrabbiamo quando queste inosservanze ci portano alle tragedie. Siamo pronti sempre a fregare il prossimo sia nelle piccole cose come nelle grandi. Per esempio pensate alle file alle poste o alle costruzioni abusive lungo argini di fiumi o zone sismiche (due esempi in ordine crescente). Questi sono i risultati. Tutti vogliamo cambiare l'italia, ma noi siamo disposti a cambiare in meglio?

Conclusione...il sindaco di Genova M. Vincenzi da la "colpa" al cambiamento climatico. Di contro ,R. Rosso ,docente di idrologia al politecnico di Milano , sostiene che aveva messo in guardia dei rischi a cui si andava incontro dopo le alluvioni precedenti ma, come lui stesso sostiene nell'intervista al Corriere , sono state fatte solo opere parziali che non hanno messo in sicurezza il bacino. E noi ancora una volta piangiamo vittime innocenti .

Annamaria
  

2 commenti:

  1. Sì, Annamaria, hai perfettamente ragione. Speriamo che finalmente l'esperienza ci conduca ad una gestione migliore dei fatti amministrativi e politici nell'interesse generale. Tu ci credi? Io no.

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  2. Le parole sono poche e sono tante, ma soprattutto sono inutili. I fatti sono latitanti e si fanno "buoni propositi" come se ad ogni tragedia fosse Natale!!! Peccato che come quelli natalizi, anche questi vengono disattesi, sacrificati all'altare del profitto. Maria.sa

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