venerdì 4 novembre 2011

LEZIONI IN PILLOLE...COME SCRIVERE UNA STORIA 4


“corso di scrittura creativa”

OSPITIAMO  IL SILENZIO…
E AMMIRIAMO SUONI E RUMORI




E. Bucciarelli scrive, nel suo Io sono quello che scrivo”  che se ci appostiamo dietro alle persiane chiuse. Televisori spenti e telefoni staccati…forse…riusciremo a incontrare il silenzio.
Eppure si tratta solo di una fuggevole impressione. Perché il nostro ascolto, imperturbabile, continua ad essere stimolato anche in questi momenti. Dentro di noi è rimasta imprigionata l’eco dei rumori uditi un attimo prima, ecco che arriva da lontano e che si porta dietro, con il suo potere evocativo, mille sensazioni ed emozioni e naturalmente una vasta gamma di suoni e rumori. PERO’…iniziamo subito a dire, afferma sempre l’A.,  che il constatare che per comprendere e decifrare il silenzio, dovremo rallentare i nostri ritmi.
Quanto più ci avvicineremo a uno stato di lentezza e di tranquillità fisica e interiore, tanto meglio riusciremo a sperimentare, e poi accettare, il  silenzio.
“C’è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio.

Faccio un esempio:
un uomo cammina per la strada. Ad un tratto, rallenta il passo. Chi invece vuole dimenticare un evento penoso appena vissuto accelera, inconsapevolmente la sua andatura, come per allontanarsi da qualcosa che sente ancora troppo vicino a sé nel tempo.
Così Milan Kundera  ha coniato una legge  secondo  la quale il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria, il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio.
La scrittura è dunque un’attività che allarga la coscienza, se affrontata nelle condizioni adeguate, e può costituire un canale in cui far convergere stati d’animo, frustrazioni represse, slanci di gioia, repressioni o, ancora,  un esercizio per sperimentare situazioni, correggerle e migliorarle, raccontando delle storie.



Il signor Silenzio merita la maiuscola poiché è la principale fonte dell’espressione artistica. Il Silenzio non è di tutti ma è di ognuno di noi. Ci sono tanti silenzi quanti noi siamo, deve partire da noi stessi.
Sembra facile, ma non lo è affatto. Intendiamo silenzio nel senso di assenza di parole. “Passiamo insomma il  90% della nostra vita senza dire una parola” ed in questo silenzio accade  “quasi tutto”: custodiamo le paure, teniamo a freno l’ira, fantastichiamo, giudichiamo, ci lasciamo turbare, controlliamo le emozioni o le cerchiamo, siamo scontenti o contenti.
Ma, secondo William Burroghs, “l’uomo moderno ha perso l’opzione del silenzio…”

PROVIAMO ANCHE NOI A CERCARE IL SILENZIO!


Stiamo zitti, senza esagerare, qualche minuto può bastare, spegniamo radio e televisore, interrompiamo qualsiasi movimento, serriamo gli occhi, appoggiamo le mani sopra le palpebre perché neanche una  lucina possa entrarvi; ora, solamente con l’aiuto del buio, ci sembrerà di averlo trovato. Ma, se abbiamo un po’ di pazienza, presto o tardi altri suoni si faranno avanti, dapprima simili a brusii e fruscii… fino a diventare rumori che solitamente si trovano fuori, sullo sfondo della nostra scena quotidiana. Un grande della poesia, Kahil Gibran, ha scritto
"La vita canta nei nostri silenzi e sogna nel nostro sonno.”

Lasciamo allora che ogni rumore esterno ci pervada, piano piano, senza porre resistenze a qualsiasi suono gradevole o sgradevole si presenti all’orecchio. Cerchiamo per una volta di sospendere il giudizio. Suoni, rumori, brusii, fruscii, non saranno accompagnati da aggettivi. Solo “assorbendo” le cose così come sono, senza giudicarle, potremo scrivere "la verità delle cose”.
Impariamo ad ascoltare, come esortano le filosofie orientali, perché ascoltare è più ricettivo che guardare.
Allora, dovete considerare come “comandamento” quello che  segue:
uno scricchiolio, un rumore di autostrada, il motore del frigorifero, le voci dei bambini, uno strillo di una donna, un pianto di bambino, un clacson, un rumore di passi, lo schiocco di un bacio,  un gemito d’amore…rimaniamo in compagnia di questi rumori  per qualche minuto. Molti psicoterapeuti testimoniano che l’orecchio, la mente, l’anima (riteneteli vostri strumenti) possono essere facilmente educati all’”osservazione sonora”.
Quando si scrive, ciò che è ascoltato defluisce sulla pagina

Una riflessione: un suono può risultare familiare o straniero, piacevole o irritante, dolce o aggressivo, persistente e penetrante, fuggevole e inafferrabile.

fine  1^ parte di questa lezione.

Enzo

Bibliografia: “Io sono quello che scrivo” – E. Bucciarelli.

2 commenti:

  1. Grande pezzo. C'è solo da assimilarlo e, per chi ne ha la capacità, di applicarlo nella scrittura. Ma anche chi lo assimila solamente si arricchisce.

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  2. Lorenzo,
    Apprezzo i tuoi apprezzamenti. Spero che tu non sia il solo ad "apprezzare". Attendo anche giudizi critici.
    ENZO

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