martedì 8 luglio 2014

IDENTIKIT DELL'UOMO VIOLENTO




I dati che parlano di violenza e femminicidio nel nostro paese fanno paura: 124 donne uccise nel 2012, centinaia di segnalazioni alle forze dell’ordine e richieste di aiuto giunte ai centri antiviolenza. Ed è solo la punta dell’iceberg. Si stima infatti che i casi siano molto più numerosi. Spesso è difficile denunciare per svariati motivi : vergogna o paura, per la convinzione di non essere ascoltate, credute. Perché ci rendiamo conto del rischio di un aumento dei maltrattamenti. Per la presenza di figli o per mancanza di indipendenza economica.Il principe azzurro è bravo a camuffarsi a volte e' colui dal quale ci si deve guardare. Inizialmente e' romantico, brillante, premuroso. Poi quasi sempre finiscono per palesare quel che sono realmente.

In Italia la maggior parte delle vittime di femminicidio aveva già denunciato episodi di violenza o aveva già contattato i servizi sociali. Questo significa che non si tratta affatto di “raptus”. Il femminicidio è quasi sempre l’esito di un’escalation di abusi all’interno del nucleo familiare. È possibile riconoscere un uomo potenzialmente pericoloso? Quali sono i segni che possono mettere in guardia prima che sia troppo tardi? Esiste, insomma, un “identikit dell’uomo violento”? Secondo Viviana Mercurio, psicologa dell’associazione “Le Onde” che si occupa di contrasto alla violenza di genere, esistono degli indizi che possono mettere in guardia. “Ma per una donna innamorata può essere molto difficile individuarli”. Già, perché molte donne neppure di fronte l’evidenza riescono ad accettare l’idea che il loro “principe azzurro” possa nascondere una personalità da Mr.Hyde. “E molte – dice la psicologa – non si rendono neppure conto di essere vittime di violenza”.

VIOLENZA PSICOLOGICA – “Al primo schiaffo vai via”, si dice. Ma forse si dovrebbe andar via molto, molto prima: le percosse sono quasi sempre precedute da una serie di vessazioni psicologiche, ingiurie, insulti e critiche mirati a demolire l’autostima della donna. “Anche la gelosia esasperata è una forma di violenza”, spiega Viviana Mercurio. Anche se molte donne, invece di individuare in questo un segno di pericolo, ne sono addirittura lusingate. È un fatto culturale, è la ricerca del principe azzurro. Di quell’unico uomo sulla terra che potrà rendere felice quella particolare donna. Anche se è un uomo che isola la sua compagna dalla famiglia e dagli amici, anche se la controlla di continuo e spia la sua corrispondenza, anche se la obbliga a lasciare il lavoro, anche se minaccia di ammazzarla se la vede con un altro. Questi segnali di pericolo vengono talvolta interpretati come segni di interesse e amore. Ma nessun amore può volere la distruzione dell’altrui personalità. Si tratta in questi casi di possessività estrema, che dovrebbe mettere in guardia da possibili future violenze fisiche. La gelosia è un sentimento naturale ma diventa pericolosa quando l’altra persona pretende di controllare la vita del partner sotto ogni aspetto.

VIOLENZA FISICA – “Questi uomini diventano più pericolosi quando cominciano a mostrarsi violenti (anche verbalmente) fuori casa o davanti ai figli – dice la psicologa – se cominciano o aumentano il consumo di alcol o stupefacenti, se scherzano, in casa o con gli amici, sul fatto che potrebbero ‘ammazzare’ la compagna”. Spesso non si tratta solo di parole, ma di promesse. Se a tutto questo si aggiunge poi la detenzione di un’arma in casa, allora il pericolo per la donna cresce enormemente. Questi uomini non sono “pazzi”, anzi spesso all’esterno sono riconosciuti come persone socievoli e “perbene”. Sono anche capaci di essere teneri e di fingersi innamorati per molto tempo prima di rivelare la loro natura fra le pareti domestiche. E se si tratta di maltrattamenti episodici, interrotti da periodi di “normalità”, è ancora più difficile per una donna vedere un potenziale pericolo nell’uomo che ama.

UN FATTO CULTURALE – Si tratta di un problema principalmente culturale che investe tutti, senza fare differenza di età, educazione o ceto sociale. Gli atteggiamenti possessivi che derivano dall’idea che la donna sia una proprietà esclusiva dell’uomo sono ancora culturalmente ben radicati. Basti pensare che fino al 1963 esisteva in Italia il cosiddetto “ius corrigendi” che dava al marito il diritto di esercitare forme di violenza fisica e morale sulla moglie (e sui figli) al fine di assicurare l’esercizio della potestà. Comportamenti che altrove sarebbero stati giudicati violenti costituivano invece normale esercizio del potere di correzione, se esercitati nell’ambito del nucleo familiare. Per non parlare della famigerata legge sul “delitto d’onore”, rimasta in vigore fino al 1981. Secondo questa norma l’uomo che uccideva la moglie (ma anche la sorella o la figlia) per motivi legati al decoro della famiglia, aveva diritto alle attenuanti e a una pena limitata. Attenuanti che non valevano se, viceversa, era la donna a uccidere il marito. Recentissimo è invece il riconoscimento della violenza sessuale come reato contro la persona e non più contro la morale, avvenuto solo nel 1996.

La legislazione italiana si è comunque adeguata più velocemente della società, visto che capita ancora di registrare reazioni indifferenti in uomini che apprendono di violenze su donne, segno che il maltrattamento verso il “gentil sesso” è considerato tutto sommato accettabile. Anche da quegli uomini ci si dovrebbe guardare, così come dai compagni, amanti, fidanzati che tendono a zittire in malo modo le loro donne o che portano un normale litigio a livelli di parossismo con frasi del tipo “ti faccio vedere io”, “ti spacco la faccia”, “ti ammazzo”. “Molte donne sperano di cambiare questi uomini con il loro amore – dice la psicologa – quando sarebbe piuttosto il caso di cambiare compagno”. Ma non è facile, perché in molti casi si instaura un legame di dipendenza affettiva che rende impossibile separarsi dal proprio “carnefice”.


I CENTRI ANTIVIOLENZA – Se è vero che una donna su tre nel mondo ha subito violenza psicologica o fisica nel corso della sua vita, è necessaria e urgente una più capillare assistenza sociale nei confronti delle vittime e una maggiore sensibilizzazione delle giovani generazioni. I bambini che assistono, anche indirettamente, a episodi violenti in famiglia tenderanno infatti a riprodurre quei comportamenti in età adulta. Proprio per questo occorre sostenere l’operato di associazioni e onlus che si occupano di studi di genere e di protezione di donne e bambini maltrattati. La loro presenza, seppure discontinua sul territorio nazionale, è spesso l’unica possibilità di salvezza per le vittime di abusi. “Quando una donna decide che non vuole più subire violenza – consiglia Viviana Mercurio – non deve annunciarlo, deve semplicemente farlo”. Questo perché la maggior parte degli episodi di femminicidio avviene proprio quando l’uomo scopre che la sua donna, considerata “proprietà”, ha deciso di abbandonarlo.

CAMBIARE MENTALITA’ – La violenza di genere è vecchia come il mondo. Secondo Lidia Trobia, portavoce dell’associazione “Onde donne in movimento” di Caltanissetta, è possibile che l’accresciuta indipendenza femminile abbia messo in discussione l’identità di alcuni uomini, svelando una fragilità che si traduce spesso in rabbia. “E’ per questo che, oltre all’apertura dei centri antiviolenza, occorre lavorare sulle nuove generazioni, organizzando incontri nelle scuole rivolti a ragazzi e ragazze”. Per spiegare loro che la violenza non è mai dovuta e che non è accettabile in un rapporto di coppia. “Bisogna anche intervenire sulla comunicazione pubblicitaria – sostiene Trobia – che spesso continua a proporre un’immagine lesiva e degradante delle donne”. Insomma, occorre un’imponente campagna di sensibilizzazione che investa tutti i settori della società. Affinché le donne possano tornare a fidarsi dei loro principi azzurri senza il timore di trovarsi improvvisamente di fronte il temuto Mr. Hyde.

CONTATTI – Le vittime di violenza possono rivolgersi al numero verde nazionale 1522. Per informazioni e assistenza in Sicilia si può contattare la onlus “Le Onde” al numero 091 327973, attivo lunedì, venerdì, sabato, domenica dalle 9 alle 15,  martedì e giovedì dalle 13,30 alle 19,30, mercoledì dalle 9 alle 11 e dalle 15,30 alle 19,30. Il centro è aperto a tutte le donne per consulenze di accoglienza, psicologiche e legali, solo su appuntamento.

by Siciliainformazioni

Annamaria... a dopo


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